Onorevoli Colleghi! - La presente iniziativa legislativa muove dai risultati dell'assiduo lavoro di una commissione di esperti, incaricata dal primo firmatario, nella sua qualità di Ministro pro tempore dell'ambiente, di redigere una legge generale di princìpi sulla protezione ambientale (1993-1994). La commissione era così composta: presidente, consigliere F. Giampietro; componenti: professori S. Amorosino, G. Caia, B. Caravita, P. Dell'Anno, S. Grassi, G. Morbidelli e l'avvocato dello Stato O. Fiumara; segreteria scientifica: dottori M.G. Boccia, M. Cecchetti, N. Aicardi, A. Lolli, avvocato D. M. Traina, e, per il Ministero dell'ambiente: dottori F. Gigliani, R. Innamorati, E. Renella, I. Schulz.
      Rispetto al testo allora elaborato, sono state apportate solo limitate modifiche, necessarie in considerazione degli anni trascorsi dalla sua originaria predisposizione.
      In considerazione della volontà di riproporre all'attenzione del Parlamento il lavoro svolto da quell'autorevole commissione ministeriale, si è scelto di non affrontare la complessa questione del coordinamento formale delle norme qui proposte con la legge n. 308 del 2004 e il recente decreto legislativo che ha provveduto alla sua attuazione (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), interventi della precedente maggioranza, rispetto ai quali, in ogni caso, la presente iniziativa si propone come alternativa.
      La presente proposta di legge si inscrive nell'esperienza già maturata in alcuni Paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Olanda, Germania, Portogallo, Grecia) di

 

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avviare una «codificazione» delle molteplici e frammentarie normative, stratificatesi, in ciascun Paese, negli ultimi 40-50 anni.
      La proposta di legge fissa regole stabili, omogenee e coerenti con «prefissati» princìpi fondamentali di protezione dell'ambiente, rimuovendo le troppe, e a volte inutili, normative oggi in vigore (il cosiddetto «inquinamento legislativo»), che costituiscono solo inutile intralcio o vincolo burocratico.
      Si indicano qui di seguito le parti ed i nodi fondamentali dell'articolato, con la seguente avvertenza: laddove è stato possibile adottare una normativa immediatamente vincolante, la proposta di legge detta princìpi e prescrizioni immediatamente operanti (per esempio, gli articoli 1-9; 26-32; 36; 37-51; 52-63); laddove, invece, la legislazione vigente per la sua complessità e oscurità esige un intervento radicale di semplificazione e scelte di fondo unitarie e comunque diverse da quelle, oggi in vario modo vigenti, si è dovuto far ricorso alla delega legislativa, ma fissando chiaramente princìpi e criteri direttivi per l'esercizio di quelle scelte (per esempio, gli articoli 24, 64, 69 e 70).
      La necessità di non ritardare oltre la discussione parlamentare della presente proposta di legge induce a rimettere alle stesse Camere l'introduzione dell'opportuna normativa provvisoria e quella sugli (eventuali) oneri finanziari, connessi alle previste ristrutturazioni organizzative.

Parte I (Disposizioni generali).

1. I princìpi.

      Si ritiene necessario e preliminare inserire nella legislazione italiana, come princìpi di carattere generale, riferibili a valori di rilievo costituzionale, le seguenti disposizioni fondamentali (capo I, articoli 1-9):

          a) l'obbligo per lo Stato italiano di perseguire gli obiettivi indicati dall'articolo 174 del Trattato che istituisce la Comunità europea (1 - salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente; 2 - protezione della salute umana; 3 - utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 4 - promozione sul piano internazionale delle misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello locale, regionale, nazionale, comunitario e mondiale);

          b) i princìpi dell'azione preventiva, della precauzione, della correzione;

          c) il principio «chi inquina paga», fermi restando gli interventi pubblici diretti a promuovere il risanamento ambientale e l'adozione di nuove tecnologie;

          d) il principio dell'integrazione dell'interesse alla tutela dell'ambiente con tutti gli altri interessi da ponderare nell'esercizio dei poteri discrezionali;

          e) il principio del bilanciamento, inteso come obiettivo dell'azione pubblica di tutela dell'ambiente, diretto ad assicurare la compatibilità tra sviluppo economico e interesse ambientale;

          f) il principio della necessità dell'informazione ambientale;

          g) il principio di sussidiarietà tra i vari livelli di governo statale, regionale, locale, fatto salvo il potere dello Stato di determinare princìpi e linee guida che assicurino condizioni e garanzie uniformi di tutela dell'ambiente nel territorio nazionale.

2. Le fonti del diritto ambientale.

      Si propone di introdurre nel nostro ordinamento i princìpi descritti al paragrafo 1 attraverso una «legge-quadro», espressamente dettata per l'attuazione, nel rispetto del Trattato e delle norme costituzionali (articoli 2, 3, 9, 41, 42 e 44 della Costituzione).
      Essi potranno essere derogati o innovati solo con modifiche espressamente riferite alla legge-quadro e costituiranno, per le materie di legislazione concorrente con le regioni, princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione e

 

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norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica (articolo 1, commi 2-5). Meritano, altresì, di essere adottati alcuni princìpi sul procedimento di formazione e di pubblicazione nonché sull'efficacia delle cosiddette «norme tecniche» (articolo 2). Premesso che queste devono essere uniformi sul territorio nazionale e non possono costituire vincoli impropri alla circolazione di beni e di servizi, gli organi tecnico-scientifici abilitati ad emanarle dovranno essere espressamente individuati in conformità alle esigenze di competenza, correttezza e imparzialità. Dovranno essere sufficientemente motivate; indicare gli strumenti ed i metodi per la loro applicazione; essere assoggettate a revisione periodica. Il loro procedimento di formazione sarà caratterizzato dalla pubblicità e dalla partecipazione di esperti o comitati di esperti, e con l'audizione di ogni altro soggetto interessato.
      Le norme tecniche, pubblicate in forma ufficiale, saranno vincolanti nei confronti dei soggetti o degli organi che esercitano funzioni pubbliche. Le attività realizzate in conformità a quelle pubblicate saranno da intendere compiute a regola d'arte. Ove sia consentito discostarsene, sarà necessario dimostrare di avere osservato una norma di buona tecnica in grado di garantire una tutela ambientale equivalente (articolo 2, comma 3).

3. Organizzazione pubblica per la tutela dell'ambiente.

      L'inadeguatezza dell'azione pubblica statale in materia è stata imputata, principalmente, alla frammentazione delle competenze tra più Ministeri.
      Come già prefigurato in passato, con il decreto legislativo n. 300 del 1999, in attuazione della delega di cui alla legge n. 59 del 1997, si è finalmente pervenuti alla creazione di un solo apparato avente competenza nel settore: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Presso tale struttura sono state aggregate tutte le funzioni di tutela ambientale e territoriale esercitate da altre strutture centrali, già disperse tra ben nove dicasteri. In ogni caso, si ribadisce l'obbligatorietà del ricorso alla conferenza di servizi, nei casi di concerti, intese e pareri previsti dalle norme vigenti (articolo 11).
      Quanto alle strutture tecniche di supporto, aveva provveduto il decreto-legge istitutivo dell'ANPA (4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61) e, in seguito, il decreto legislativo n. 300 del 1999, e successive modificazioni, che ha riformato l'Agenzia, ora denominata Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). L'unificazione delle competenze in materia di ambiente e di territorio ha comportato infatti la non più dilazionabile confluenza dei servizi tecnici nazionali nell'Agenzia. Va peraltro chiarito che spetta all'Agenzia la conduzione dell'istruttoria tecnica in tutti i procedimenti di competenza del Ministero, al fine di evitare inutili duplicazioni. Le regioni devono essere, a loro volta, i principali centri di competenza in campo ambientale.
      Pur nella separazione delle responsabilità tra Stato e regioni, tra regioni ed enti subregionali e locali, deve essere esclusa la possibilità di realizzare interventi scoordinati, mirando a realizzare un quadro di azione unitario, vincolante, che definisca obiettivi e programmi da realizzare in tempi certi.

      A tale scopo, occorre prevedere interventi sostitutivi e sanzioni pecuniarie per le amministrazioni inadempienti. Le amministrazioni che svolgono le attività sostitutive devono disporre - a differenza di quanto accade attualmente - degli strumenti per individuare e rimuovere le inadempienze (articolo 15).

4. Diritti e doveri dei singoli e delle associazioni.

      Sono stati, per la prima volta, individuati i diritti e i doveri dei singoli e delle

 

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formazioni sociali, riferibili alla tutela dell'ambiente, nei seguenti termini:

          a) diritti all'informazione in materia ambientale secondo i princìpi stabiliti dalle direttive comunitarie;

          b) dovere di fornire informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché - a determinate condizioni - da parte dei soggetti che esercitano attività suscettibili di recare danno all'ambiente, predisponendo adeguate forme di controllo dei dati raccolti al fine di garantire l'imparzialità, la completezza, la correttezza e la tempestività dell'informazione (articoli 15-21);

          c) diritti di partecipazione da tutelare nelle discipline dei singoli procedimenti, distinguendo:

              1) i diritti di partecipazione a scopo collaborativo;

              2) i diritti di partecipazione a scopo difensivo (articoli 22-23);

          d) i diritti di difesa. Si propone il ricorso per motivi di legittimità e di merito davanti a un organo tecnico istituito presso l'APAT e il successivo ricorso al giudice amministrativo (articolo 24).

      Con riferimento alle associazioni portatrici di interessi ambientali, si sono perseguiti i seguenti obiettivi (articolo 25):

          a) eliminare il riconoscimento previsto dall'articolo 13 della legge n. 349 del 1986;

          b) utilizzare una formula che consenta il riconoscimento ex lege di tutte le associazioni portatrici di interessi collettivi connessi alla tutela dell'ambiente;

          c) conferire la legittimazione processuale alle associazioni che siano titolari di adeguata e stabile capacità rappresentativa degli interessi collettivi. Per la legittimazione di tali associazioni nei singoli tipi di processo saranno dettati princìpi di delega.

5. Diritto ambientale nell'attività delle imprese.

      Gli esposti princìpi di prevenzione e di precauzione devono costituire l'obiettivo prioritario, cui deve tendere ogni tipo di impresa.
      In applicazione di tali princìpi, sono stati definiti i contenuti essenziali e generali degli obblighi dell'impresa, muovendo da quelli comuni a tutte, indicando, poi, quelli speciali relativi alle imprese esercenti attività pericolose, e infine, quelli più duttilmente applicabili alle piccole e medie imprese.

a)  Obblighi generali (sezione I - articoli 26-28).

      Tutte le imprese sono tenute ad osservare obblighi di carattere generale, quali la valutazione del rischio e l'adozione delle cautele tecniche appropriate, e in particolare: i valori limite di emissione, le norme di qualità ambientale e le condizioni di autorizzazione richieste per l'esercizio dell'impianto o dell'attività industriale.
      Il rispetto di standard ambientali, progressivamente più restrittivi, sarà garantito dall'adozione graduale delle «migliori tecnologie disponibili».
      È infine necessario che le imprese cooperino con le autorità di controllo in un nuovo rapporto improntato a spirito collaborativo cui deve corrispondere una nuova dimensione del controllo (non solo repressivo) esercitato dall'autorità competente.

b)  Obblighi a carico delle imprese classificate come esercenti attività pericolose (sezione II - articoli 29-31).

      Giova premettere che la definizione di attività pericolose è stata ripresa dalla Convenzione internazionale di Lugano, promossa dal Consiglio d'Europa, aperta alla firma il 21 giugno 1993 e sottoscritta dal Ministro di grazia e giustizia pro tempore. Tale Convenzione disciplina la responsabilità civile per danni derivanti da attività pericolose per l'ambiente. Si fa, inoltre, riferimento a quanto stabilito dalla

 

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più recente direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale.
      Un'efficace gestione degli incidenti e dei rischi ambientali richiede l'istituzione di un sistema di prevenzione e di riduzione integrate dell'inquinamento che tenga conto degli effetti delle sostanze e degli effetti delle attività industriali sulle componenti ambientali, globalmente considerate. Di qui una serie di obblighi specifici, quali: 1) individuazione, analisi e revisione periodica dei rischi; 2) informazione e addestramento del personale; 3) nomina di un responsabile di sicurezza e ambiente; 4) redazione di un bilancio ambientale semplificato e messa a disposizione del pubblico dei relativi risultati.
      Alla serie degli obblighi sopra identificati dovrà peraltro corrispondere un adempimento di tipo unitario riferibile ad un'unica domanda di autorizzazione per ogni singolo impianto o attività, domanda da presentare ad un'unica autorità competente o coordinatrice (articolo 52).

c)  Obblighi relativi alle piccole e medie imprese (sezione III - articolo 32).

      Gli obblighi di carattere generale di cui al punto a) dovranno essere applicati alle piccole e medie imprese alla stregua delle seguenti linee di «adattamento»:

          1) semplificazione delle procedure (con immediata applicazione del principio dell'unica domanda di autorizzazione per unità produttiva) al fine di favorire la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese;

          2) adozione di misure di assistenza diretta (tecnica, legislativa e finanziaria), da parte delle autorità pubbliche e dell'Unione europea, per agevolare l'adempimento degli obblighi;

          3) definizione della migliore tecnologia disponibile correlata alle dimensioni tecnico-produttive dell'impresa, tenendo conto dell'eventuale necessità di più congrui tempi di adeguamento, da stabilire per settori di attività, fatto salvo il rispetto degli obiettivi e degli standard di qualità ambientale;

          4) intervento ed assistenza delle associazioni di categoria per la raccolta aggregata dei dati di rilevanza ambientale, riferibili alle diverse categorie di imprese, da mettere a disposizione del pubblico.

Parte II (Strumenti).

1. Gli strumenti amministrativi (Titolo I).

1.1. Pianificazione territoriale e ambientale (Capo I).

      La legislazione sui piani di rilievo ambientale richiede una semplificazione delle procedure e una riduzione degli strumenti attualmente previsti nonché un maggiore coordinamento tra loro.
      Si prevede pertanto una delega legislativa al Governo (articolo 33, comma 1) al fine di conseguire gli obiettivi indicati, soprattutto mediante:

          a) l'eliminazione di duplicazioni degli strumenti aventi ad oggetto i medesimi interessi pubblici;

          b) l'eliminazione dei piani che si risolvono in mere indicazioni di standard, distanze e livelli di qualità, e loro sostituzione con regolamenti o atti d'indirizzo;

          c) l'individuazione di un piano territoriale di livello regionale, con specifica considerazione degli interessi urbanistici, paesaggistici e ambientali, costituente strumento di coordinamento sovraordinato a ogni altro piano di rilievo urbanistico ambientale;

          d) l'individuazione di procedure semplificate per apportare modifiche ai piani gerarchicamente sovraordinati in occasione dell'approvazione dei piani sottordinati (articolo 33, comma 2).

      Con norme di immediata applicazione si prevede invece che ogni piano di rilievo ambientale sia accompagnato da un'apposita verifica di conformità con gli altri

 

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piani, comunque reagenti sull'attività disciplinata o sull'ambito geografico considerato, ovvero dall'indicazione espressa dalle deroghe ad essi apportate, ove la legge lo consenta (articolo 34).
      Inoltre, si stabilisce il principio per cui gli standard, le distanze e i livelli di qualità valevoli sul territorio nazionale possono essere motivatamente incrementati, al fine della salvaguardia ambientale, in sede di approvazione dei piani (articolo 35).
      Si prevede, infine, la costituzione di un ufficio, denominato «catasto dei piani», con il compito di raccogliere e di censire tutti gli strumenti di pianificazione che riguardano il territorio regionale (articolo 36).

1.2. Valutazione di impatto ambientale (Capo II).

      La valutazione preventiva dell'impatto che un'opera o un'attività potranno avere sull'ambiente costituisce strumento essenziale di tutela degli ecosistemi, ma non deve costituire un aggravio di tempi e di procedure burocratiche.
      I princìpi che si intendono qui codificare sono, pertanto (articoli 37-47):

          a) l'obbligatorietà dell'inserimento nei piani territoriali/paesistici di una valutazione di impatto ambientale (VIA) preliminare, per ogni area territoriale, della compatibilità dell'insediamento dei diversi tipi di impianti, opere o attività. Nelle regioni dotate di queste «tavole delle localizzazioni compatibili» il procedimento di VIA sarà semplificato;

          b) la procedura di VIA deve formare parte integrante di un unico procedimento, che si conclude con un solo provvedimento di autorizzazione, nel quale vengono valutati congiuntamente gli interessi pubblici, ambientali, sanitari e di sicurezza inerenti alla realizzazione e all'attivazione dell'opera o dell'attività;

          c) appare allo stato auspicabile che l'istruttoria sia svolta tra un ufficio in comune tra tutte le amministrazioni interessate posto presso il Ministero, per le opere e le attività di interesse statale e presso la regione, per le opere e le attività di competenza regionale;

          d) sarà assicurata la partecipazione dei cittadini al procedimento mediante «inchieste pubbliche».

1.3. Valori limite e obiettivi di qualità ambientale (Capo III).

      Nella determinazione di rapporti tra valori limite di emissione, migliore tecnologia disponibile e obiettivi di qualità ambientale si ritiene necessario adeguare la nostra legislazione all'approccio comunitario quale delineatosi sia nella normativa sull'inquinamento atmosferico sia nel sesto programma di azione per l'ambiente 2001-2010 dell'Unione europea (articolo 48).

a) Rapporti tra valori limite e migliore tecnologia disponibile (articolo 49).

      1) I valori limite di emissione, stabiliti nelle autorizzazioni, sono fondati sulle BAT (Best Available Technology), salvo nei casi in cui sono previste deroghe.

      2) Per non scoraggiare l'innovazione e limitare la possibilità di controllo da parte dell'autorità pubblica non è imposta l'utilizzazione di particolari tecnologie o tecniche. L'operatore può, quindi, decidere quali tecniche o tecnologie applicare, a condizione che esse rispettino i valori limite di emissione.

      3) Dalla definizione di «migliori tecniche disponibili» deriva che le BAT seguono una dinamica evolutiva verso un livello progressivamente più elevato.

      4) In particolare, nella scelta delle migliori tecniche disponibili devono essere presi in considerazione una serie di elementi, quali ad esempio: impiego di tecnologia a scarsa produzione di rifiuti; miglioramento del recupero e del riciclo delle sostanze generate e usate nel processo; consumo di materie prime (acqua

 

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compresa) e di energia impiegate nel processo e loro natura.

b) Obiettivi di qualità ambientale come garanzia di standard e di usi privilegiati (articolo 50).

      Numerose direttive comunitarie determinano gli obiettivi di qualità delle acque interne, delle acque del mare, dell'aria, dei suoli diretti a garantire caratteristiche di qualità ed usi privilegiati (per esempio: idropotabili, di balneazione, eccetera) delle risorse naturali. Alla garanzia delle medesime soglie di qualità sono altresì destinate le prescrizioni sulla VIA e sulla responsabilità per danno all'ambiente. La Commissione europea ha auspicato un'integrazione e una verifica di effettività di tali misure di salvaguardia immediata dell'ambiente.

c) Valori limite in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità: il cosiddetto «approccio parallelo» (articolo 50).

      Si propone di adottare il cosiddetto «approccio parallelo» (di origine comunitaria) al controllo dell'inquinamento: l'approccio tecnico basato sulle BAT, e quindi sui valori di emissione, è collegato a quello che garantisce il rispetto delle soglie di qualità ambientale, nel senso che il primo è funzionalizzato alla salvaguardia del secondo.

d) Possibilità di deroghe: condizioni (articolo 51).

      Se il ricorso alle BAT non è sufficiente per rispettare i pertinenti requisiti di qualità, dovranno essere adottate misure supplementari.
      A sua volta, l'autorità competente può autorizzare emissioni superiori a quelle risultanti dall'applicazione delle migliori tecniche disponibili, a condizione che:

          1) siano rispettate le norme di qualità;

          2) possa verificarsi soltanto un aumento trascurabile dell'inquinamento;

          3) non sia accertato un contributo all'inquinamento transfrontaliero.

e) Possibilità di una disciplina differenziata per le piccole-medie imprese.

      La definizione della migliore tecnologia disponibile sarà correlata alle dimensioni tecnico-produttive dell'impresa, tenendo conto dell'eventuale necessità di più congrui tempi di adeguamento, da stabilire per settori di attività, fatti salvi il rispetto degli obiettivi o standard di qualità ambientali e gli obblighi previsti per le attività classificate come pericolose (articolo 48).

1.4. Procedimento autorizzatorio ambientale (Capo IV).

      È ormai necessario rimuovere l'attuale impostazione legislativa che prevede numerosi ed autonomi procedimenti autorizzatori tutti concorrenti e preliminari all'installazione di un impianto, alla realizzazione di un'opera o all'esercizio di un'attività.
      Da tale impostazione conseguono, com'è noto, gravosi problemi di coordinamento dei procedimenti e delle autorità competenti, ma soprattutto obblighi differenziati e tempi, di volta in volta, non prevedibili a carico dei soggetti interessati.
      Ciò premesso, si ritiene necessario dettare le seguenti disposizioni:

          a) i procedimenti autorizzatori previsti dalla vigente legislazione ambientale per l'installazione di un impianto, la realizzazione di un'opera o l'esercizio di una attività saranno unificati in un unico procedimento relativo all'impianto, all'opera o all'attività unitariamente considerati (articoli 52 e 55);

          b) è stabilita un'unica sede decisionale presso un'unica autorità competente o coordinatrice (statale o regionale, a seconda delle competenze in materia) del procedimento autorizzatorio ambientale, realizzando la partecipazione delle altre

 

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amministrazioni pubbliche interessate mediante la conferenza di servizi prevista dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (articoli 53 e 54);

          c) l'autorizzazione preventiva è rilasciata in forma espressa (articolo 56) e contiene prescrizioni specifiche secondo parametri e criteri predeterminati dalla legge (articolo 60). Alle medesime prescrizioni si applica il disposto dell'articolo 11 della citata legge n. 241 del 1990, in merito agli accordi sostitutivi (articolo 60, comma 2);

          d) le prescrizioni sono assoggettate a revisione periodica o quando l'autorità competente ne ravvisi la necessità in relazione a un mutamento significativo delle condizioni ambientali o delle migliori tecniche disponibili (articolo 60, comma 3);

          e) vengono stabilite forme di raccordo tra i procedimenti di pianificazione ambientale e territoriale e quelli autorizzatori.

      Sono, infine, previste disposizioni specifiche, ma non secondarie correlate al termine per il rilascio del provvedimento (articolo 56); all'avvio dell'attività dell'impianto (articolo 57); al trasferimento e alla cessazione di questo (articolo 58); al termine fissato per l'inizio dell'attività (articolo 59); al trasferimento dell'autorizzazione e alla sua decadenza (articoli 61 e 62).

1.5. Sanzioni amministrative (Capo V).

      Si stima che il nuovo regime sanzionatorio amministrativo dovrà attenersi al rispetto della prevalenza della sanzione penale su quella amministrativa meramente punitiva nel senso che, ove una certa condotta sia sanzionata da una norma incriminatrice, si ammetteranno sanzioni amministrative solo ripristinatorie. La prevista delega al Governo (articolo 64), necessaria per mettere ordine nella complessa e delicata materia, è ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) la responsabilità avrà carattere personale per quanto attiene al nesso di casualità, ma le sanzioni ripristinatorie del danno all'ambiente dovranno incombere sull'autore a titolo di responsabilità oggettiva (a prescindere dall'elemento psicologico);

          b) gli obblighi nascenti da sanzioni ripristinatorie saranno trasmissibili agli aventi causa, atteso il principio della responsabilità oggettiva e della patrimonialità della prestazione;

          c) sarà prevista la solidarietà tra i coautori della condotta sanzionata;

          d) la gravità delle sanzioni sarà valutata in relazione al protrarsi della condotta illecita;

          e) sarà prevista la decadenza delle sanzioni afflittive (e ovviamente ripristinatorie) ove sia possibile sanare, con autorizzazione ex post, la condotta illecita;

          f) saranno previsti adeguati strumenti cautelari in capo all'amministrazione;

          g) sarà prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo senza limiti alle prove ammesse nel giudizio.

2. Gli strumenti economici (Titolo II).

      L'uso degli strumenti economici deve essere coordinato, nella misura del possibile e comunque nel rispetto dei princìpi comunitari, al fine di evitare che strumenti incentivanti o tributari falsino la concorrenza all'interno dell'Unione europea.
      In particolare, l'utilizzazione di tasse ambientali deve basarsi su dati scientificamente validi; deve rispondere a criteri di ragionevolezza e congruenza nell'imposizione del tributo e di finalizzazione a chiari e perseguibili obiettivi di tutela ambientale; il gettito deve essere, nella misura del possibile, utilizzato a fini di

 

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tutela ambientale, dovendosi ritenere non esistente un problema costituzionale di divieto di tasse di scopo (articoli 65-68).

3. Gli strumenti civilistici. Danno ambientale (Titolo III).

      Appare opportuno procedere ad una nuova disciplina, secondo le linee indicate dall'Unione europea, così come parzialmente anticipate dalla Convenzione di Lugano sulla responsabilità per attività pericolose (per le persone, le cose e l'ambiente), sottoscritta dall'Italia in data 21 giugno 1993 e successivamente confermata dalla citata direttiva 2004/35/CE.
      Anche in questo caso è prevista la delega (articolo 69) al Governo (da esercitare entro sei mesi), che dovrà adeguarsi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) conferma del principio generale della risarcibilità del danno ambientale inteso come stabile e significativo deterioramento delle componenti ambientali o del loro equilibrio (ecosistemi);

          b) responsabilità generale fondata sulla colpa (articolo 2043 del codice civile);

          c) regime speciale fondato sulla responsabilità oggettiva per rischio aggravato derivante da attività classificate come pericolose, ai sensi delle citate Convenzione di Lugano e direttiva 2004/35/CE, nonché delle pertinenti disposizioni del codice civile e di altre leggi speciali già vigenti in materia;

          d) previsione del carattere prioritario del ripristino, al costo del quale va commisurato l'ammontare del risarcimento;

          e) attribuzione dell'azione per danno ambientale allo Stato e agli enti territoriali e, limitatamente all'azione di ripristino, alle associazioni ambientaliste che rispondano ai requisiti di stabile ed adeguata rappresentanza degli interessi collettivi coinvolti;

          f) previsione di solidarietà nel caso di concorso nell'evento di danno di una pluralità di soggetti;

          g) assicurazione obbligatoria ovvero prestazione di garanzie finanziarie equivalenti nei casi di esercizio di attività classificate come pericolose, quale condizione per ottenere o per mantenere autorizzazione all'esercizio delle medesime attività;

          h) fondo collettivo di indennizzo per danni non imputabili a soggetti individuati o in concreto non risarciti (per insolvenza o irreperibilità dei responsabili), alimentato in parte dallo Stato, in parte dai settori interessati.

4. Gli strumenti penali (Titolo IV).

      Seguendo le esperienze di altri Paesi europei (Germania, Francia, Olanda, eccetera) si impone la necessità di procedere ad una «codificazione di reati ambientali» secondo lo schema di fattispecie autonome e generali, a salvaguardia delle componenti ambientali e dell'ambiente, unitariamente considerato, ponendo mano a una revisione integrale dei reati. Va perciò abbandonato l'attuale sistema che, da un lato, privilegia la così detta via penale alla protezione dell'ambiente e, d'altro lato, si fonda prevalentemente sul reato cosiddetto «formale» (inottemperanza agli obblighi stabiliti dalla legge o da provvedimento), dal quale esula ogni verifica del pericolo derivante, in concreto, dalla condotta vietata (reati con pericolo presunto). I princìpi ai quali dovrà essere ispirata la riforma (e quindi i princìpi e criteri direttivi vincolanti della delega al Governo) sono così individuabili, come substrato e fondamento dell'articolo 70:

          a) la scelta della sanzione penale va considerata come ultima ratio rispetto alle sanzioni amministrative e alla responsabilità civile per danno ambientale, in ottemperanza ai parametri costituzionali di proporzionalità e di adeguatezza della stessa misura rispetto ai fatti di aggressione o di pericolo di aggressione dei beni ambientali costituzionalmente protetti;

 

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          b) nella definizione della struttura dei reati ambientali è necessario che la norma incriminatrice individui, di volta in volta, la o le componenti ambientali da proteggere in ossequio al principio costituzionale di tassatività della fattispecie penale, distinguendo pertanto il bene o i beni protetti da quelli relativi alla salute pubblica e all'incolumità pubblica (già presidiati dalle vigenti norme del codice penale o di leggi speciali);

          c) il pericolo o il danno saranno commisurati ad effetti rilevanti e persistenti su almeno una delle componenti ambientali che si intendono salvaguardare, salva la valutazione della maggiore gravità del reato se l'evento - di pericolo o di danno - coinvolge una pluralità di componenti o interi ecosistemi;

          d) sotto il profilo soggettivo, nella struttura delle fattispecie criminose saranno privilegiate quelle fondate sulla colpa, sul presupposto che i princìpi di prevenzione e di precauzione impongono a chi gestisce un'attività rischiosa per l'ambiente l'assunzione delle appropriate cautele tecniche e quindi l'adempimento dell'obbligo di professionalità adeguata;

          e) allorquando la condotta sia stata posta in essere in violazione di leggi, regolamenti o criteri di diligenza o di prudenza, commisurati alla gravità del rischio, l'atto autorizzativo dell'attività che determina l'evento di pericolo o di danno all'ambiente sarà considerato irrilevante al fine di escludere l'elemento soggettivo della colpa;

          f) nella determinazione della pena per la fattispecie di reati di pericolo per le singole componenti ambientali saranno privilegiate le ipotesi contravvenzionali punite con pena pecuniaria, alternativa a quella detentiva, allo scopo di consentire al giudice la determinazione della misura sanzionatoria in termini adeguati alla gravità del fatto e delle sue conseguenze, utilizzando il già consolidato meccanismo dell'articolo 162-bis del codice penale;

          g) allorquando dalla condotta illecita deriva un evento di danno all'ambiente sarà prevista la fattispecie delittuosa, anche nell'ipotesi di colpa;

          h) nell'attività di revisione delle disposizioni incriminatrici, previste dalle vigenti leggi penali speciali, saranno considerate preliminarmente le fattispecie criminose, relative all'esercizio delle attività che presentano un rischio aggravato per l'ambiente, con la specifica previsione che nell'esercizio di queste ultime potranno essere definite ipotesi tassative di reati consistenti:

              1) nella violazione di obblighi di informazione nei confronti della pubblica autorità o del pubblico;

              2) nell'inosservanza di obblighi formali diretti ad impedire eventi di disastro ambientale (reati con pericolo presunto).

4.1. Il disposto dell'articolo 70 (tipologia dei reati e criteri di commisurazione delle pene).

      Passando all'esposizione dei più puntuali princìpi e criteri direttivi della delega di cui all'articolo 70, si precisa che resta fuori del campo penale l'inosservanza di obblighi formali, che non ledono né espongono a pericolo l'interesse ambientale, con l'unica eccezione prevista dal comma 1, lettera a), numero 6), ove la speciale pericolosità delle attività prese in considerazione (per esempio: quelle con rischi di incidenti rilevanti, soggette a notifica; quelle di impiego pacifico di energia nucleare, eccetera) possono giustificare il ricorso a figure criminose costituite da inosservanze di obblighi con evento di pericolo presunto (relativo quindi ad interi ecosistemi). Nell'articolazione della tipologia dei reati e della misura delle pene si sono seguiti due parametri:

          a) la maggiore gravità del reato (delitto-contravvenzione) e della pena (reclusione e multa) sono stati commisurati alle due ipotesi del danno ad interi ecosistemi ovvero il danno a una o più componenti ambientali; mentre l'ipotesi del pericolo

 

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concreto per una o più componenti ambientali è stato configurato come contravvenzione con pena alternativa [rispettivamente, comma 1, lettera a), numeri 1), 2), 3) e numero 9)], salvo che tale pericolo (l'evento reato) incida «sull'equilibrio di interi ecosistemi», qualificato anch'esso come delitto [comma 1, lettera a), numero 5)];

          b) si è privilegiata la previsione dell'alternatività delle pene pecuniarie con quelle detentive per consentire al giudice di valutare, nel caso concreto, la gravità del fatto, in tutte le sue caratteristiche, adeguando ad esso tipo (detentiva o pecuniaria) e misura della pena, con l'eccezione prevista dal comma 1, lettera a), numero 3), seconda parte (delitto colposo di danno che lede in modo persistente e rilevante l'equilibrio di interi ecosistemi), attesa la gravità dell'evento cagionato e allo scopo di attivare, quanto più possibile, la prevenzione, e quindi la diligenza degli operatori interessati per scongiurare un simile evento (spesso, ad effetti irreversibili). Nelle ipotesi dell'evento di pericolo (concreto e, solo in via eccezionale, presunto), di cui al comma 1, lettera a), numeri 5) e 6), si è prevista un'aggravante per fatti di «particolare gravità» (vedi comma 1, lettera a), numero 8); mentre per tutti i reati (di danno e di pericolo) è previsto che la pena da irrogare possa essere ridotta sino alla metà - diminuente speciale - se prima del giudizio il responsabile abbia risarcito o ripristinato il danno ovvero si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per «elidere o attenuare» le conseguenze dannose o pericolose del reato.
      Si incoraggia in tale modo il responsabile dell'illecito penale ad attivarsi per rimuovere o contenere al massimo gli effetti ambientali negativi della condotta vietata.

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      La necessità di procedere a un riordino della normativa in campo ambientale comporta certamente un ruolo del Governo nell'adozione della legislazione delegata, ma richiede altresì che il Parlamento ne definisca in modo non generico gli obiettivi e le modalità.
      Questo è lo spirito della presente proposta di legge.

 

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